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La moda per povere e ciccione

Aggiornamento: 16 mag 2019

Dio, quanto odio la parola Curvy! Cosa vuol essere? Il termine politicamente corretto per dire ciccione? Quando ero piccola io si diceva “un po’ in carne”, poi si è arrivati al “formose” e alla fine siamo giunti al “curvy”. Ma il senso non cambia, solo che ora l’attenzione commerciale si è spostata su questo nuovo pubblico:  le commesse dei negozi di abbigliamento non inorridiscono più se chiedi una 48,  le curvy sono diventate un emblema di emancipazione femminile e di accettazione, le star di Hollywood fanno a gara per mostrare la loro cellulite e i concorsi di bellezza si vantano di avere ampliato i loro regolamenti al fine di poter inserire anche ragazze con due etti in più rispetto al peso forma.

Ok, parliamone! Che il mondo della moda abbia fatto un mea culpa per timore di inculcare pericolosi stereotipi a ragazzine influenzabili, non ci crede nessuno. Semplicemente le donne in carne sono diventate il nuovo trend, quel politically correct che porta tanti soldini nelle tasche di chi ci investe. Perché una cosa è vera: questa apertura mentale frutta un bel po’. Le donne “normali” sono la maggioranza…Che poi… mi sono sempre chiesta che vuol dire “normali”. Perché? Le modelle taglia 36 non sono normali? O le meravigliose ragazze dei concorsi di bellezza non sono anche loro donne normali, anche se hanno un fisico scultoreo dovuto magari a anni di sacrifici, diete e palestre? Insomma, ammettiamolo, per normali intendiamo un po’ quelle che, come me, per motivi di forza maggiore o per semplice pigrizia, non si strappano i capelli se vedono comparire un velo di cellulite sulle loro cosce né corrono in palestra se l’ago della bilancia sale di un paio di chili. Diciamo che per normali intendiamo quella fetta di universo femminile che è costretto ad accettarsi con i proprio difetti e che, alla fine, si piace pure.

Ma torniamo alla moda: da un po' di anni richiedere una Large non è più sinonimo di bollatura sociale, ma è semplicemente una taglia come le altre. Mai stata peso forma eppure ho l’armadio pieno di stupendi capi di abbigliamento che adoro e che ho trovato negli stessi negozi che frequenta mia sorella (taglia 42). La maggior parte dei negozi che si trovano nelle vie principali di ogni città è a portata di tutte noi, facendoci sentire normali (ancora questa parola) come le nostre amiche magre. Eppure, se la moda a portata di portafoglio ha compreso di dover puntare anche a noi Bridget Jones, l’alta moda, quella da star continua a schifarci. Provate a fare un giro in uno dei negozi supercostosi di via Monte Napoleone a Milano e ditemi se riuscite a comprare qualcosa se pesate più di cinquanta chili.  Matrimonio della mia migliore amica. Ruolo: testimone. Sono disposta a spendere una bella cifra pur di indossare il vestito perfetto e, con l’entusiasmo di Vivian Word, mi avvio verso le boutique da sogno, pronta a comprare qualcosa che mi faccia sentire una vera star.  L’abito è in vetrina, mi piace da morire e mi servirebbe solo una 46 che ormai, come detto prima, non mi sembra più questa taglia imbarazzante da richiedere. Anzi, ho appena preso un paio di jeans e sono persino felice di aver dovuto acquistare una 44 al posto della misura più grande: ho l’autostima al massimo e mi convinco di esser dimagrita. Così entro, sicura di trovare quello che cerco. Ma i miei sogni si infrangono subito: lo capisco non appena intravedo il sorriso stentato dell’algida commessa che mi viene incontro. In quel negozio non c’è nulla che possa entrarmi, come per Vivian non c’era nulla quando indossava i suoi abiti da prostituta. Maschero il mio disagio e le indico il vestito che mi piace: il suo sguardo è eloquente. Non c’è la mia taglia. O meglio, mi mostra una 46 che è così striminzita che nemmeno mia sorella (la suddetta 42) ci entrerebbe. Lo so io, lo sa lei: non sarei dovuta entrare in quella boutique. Le persone ricche sono anche magrissime e bellissime. È una regola non scritta: io per loro sono destinata a restare “povera e grassa”. Va bene così. Entro da Motivi e trovo l’abito perfetto a 220 euro, molto meno della metà di quel vestito che aveva osato piacermi. Con i soldi rimastimi, compro le scarpe e una borsa nei negozi per povere e grasse. Torno a casa carica di sacchetti, con ancora qualche soldo nel borsellino e molto soddisfatta dei miei acquisti. E per completare la giornata ordino una pizza ipercalorica. Sarò pure povera, grassa ma, al diavolo, almeno quel giorno sono felice!


 
 
 

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Natalia  Rosetti

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